Covid e varianti, Cacopardo: “Vaccino resta l’unica arma”
CATANIA – Dalle varianti alle terapie. Dagli effetti del vaccino a quelli del lockdown. Bruno Cacopardo, direttore dell’Uoc di Malattie infettive dell’Arnas Garibaldi di Catania ha affrontato la pandemia a trecentosessanta gradi ai microfoni di Radio Studio Centrale.
Le varianti non devono spaventare.
Nel corso dell’ultima puntata di #L’informazione che non ti aspetti, Cacopardo ha spiegato come non bisogna allarmarsi di fronte alle mutazioni del virus. “Non mi spaventerei per tutta una serie di ragioni – ha detto. Che un virus vari non deve stupire né preoccupare. Il virus è una struttura semplice la cui vita è fondata sul parassitismo delle cellule e utilizza la struttura delle cellule per moltiplicarsi. È l’unica attività che il virus svolge, cioè replicarsi in maniera esponenziale”. Ed è in questa fase che, nel replicarsi, può commettere degli errori” – continua. Errori che possono essere di due tipi: “il primo è l’errore casuale, cioè mentre si moltiplica sbaglia e unifica due o tre nuclei del suo RNA o DNA – spiega. Il secondo errore invece è voluto ed è di adattamento: il virus cioè si adatta alla realtà in cui si trova; non ha interesse che il suo ospite fornisca le cellule e quindi crea un sistema di adattamento nell’habitat in cui deve vivere, e questo piano piano lo rende sempre più adattato al sistema umano nel quale si va a collocare”.
Perché la variante inglese fa paura.
“La variante inglese ha una sola caratteristica sfavorevole – afferma ancora Cacopardo: che è la contagiosità, cioè necessita di una carica virale inferiore. La malattia è leggermente diversa, l’incubazione prolungata. Il secondo effetto che produce è clinico, cioè provoca una malattia leggermente diversa, ma non più letale e non più grave. Inoltre, è spesso sintomatica anche nei giovani”.
I vaccini restano l’unica arma
Vaccinarsi. Questa l’arma per sconfiggere il Covid. Cacopardo non ha dubbi, anche di fronte alle varianti. “Sui vaccinati la variante non produce malattia, quindi il vaccino che stiamo facendo ora funziona eccellentemente anche sulle varianti”.
Ma occorre azione capillare e ininterrotta, per non fare rinvigorire il virus. “Se vacciniamo troppo lentamente il virus sviluppa la “pressione selettiva”. Controllo del territorio, mantenimento delle procedure e dei Dpcm, innanzitutto. “Ho l’impressione che queste misure non siano osservate. La consapevolezza manca, la percezione del rischio si è abbassata”.
Il ruolo dei vaccini
“Dipende tutto dai tempi in cui ci vaccineremo”. Cacopardo non ha dubbi: il modello israeliano è quello al quale ispirarsi. “Se noi ci vacciniamo con un timeng sul modello israeliano che si estende capillarmente, il sistema funzionerà e il virus non circolerà. Il modello funzionante non è spostare le persone verso il posto in cui si vaccina, ma al contrario: portare il vaccino dove vanno le persone. In Israele si vaccinano le persone quando vanno in chiesa”.
“Dobbiamo ragionare sul fatto che la campagna di vaccinazione è l’evento storico più importante di quest’anno – continua. È la priorità e non può funzionare con il modello vaccinale tradizionale: siamo in una situazione simile alla guerra, quindi dobbiamo sopportare e gestire come si gestisce un evento bellico. Questa è la mia idea”.
Le terapie: l’Ivermectina.
Cacopardo ha affrontato anche la questione terapie e, in particolare, quella con l’ivermectina, di cui si parla da mesi ma che non è utilizzata per il Covid. Eppure, secondo il direttore, potrebbe essere la soluzione.
“L’ivermectina merita attenzione – ha spiegato: è molto efficace ma stranamente il farmaco in Italia è utilizzabile solo a scopo veterinario. Negli altri paesi invece non è cosi. La cosa curiosa è che il farmaco ha come indicazione primaria quella di combattere la strongiloidosi”, una malattia da vermi molto presente in Sicilia, più che negli altri paesi”. Ma da noi non è usata.
“Serve a tutti i livelli in tutte le fasi – ha aggiunto: esistono dimostrazioni di efficacia in tutte le fasi della malattia: magari non in quella avanzatissima, ma nella fase lieve e moderata ha un suo razionale uso e noi abbiamo documentato l’efficacia. La malattia pone dei problemi da punti di vista terapeutico. Il primo è quali farmaci utilizzare, il secondo in quale momento somministrare questi farmaci”.
La malattia bifasica e i farmaci giusti
Cacopardo illustra anche le caratteristiche tipiche della malattia.”È una malattia bifasica: una prima fase di 5/7 giorni destinata alla moltiplicazione del virus e assomiglia ad una influenza banale caratterizzata da raffreddore, colpi di tosse, febbre, dolori muscolari e alle ossa ecc. Questa fase è “benigna” – ha continuato, spiegando come su 100 persone che si ammalano, solo una percentuale sviluppa la seconda fase. Quella infiammatoria.
“È come se la malattia avesse un colpo di coda, ma non più dovuto al virus ma alla reazione infiammatoria dell’organismo a produrre la malattia che, da virale diventa infiammatoria o autoinfiammatoria”.
Da qui la necessità di utilizzare i farmaci appropriati per le varie fasi della malattia: la prima settimana antivirali che agiscono sul virus, nella seconda fase antinfiammatori. “Se il cortisone lo usiamo prima o se l’antivirale lo usiamo dopo, si perde l’utilità.